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Musica

LE 32 SONATE PER PIANOFORTE DI BEETHOVEN: CAPOLAVORO INTROSPETTIVO

Cari amici lettori,

in questo articolo cercherò di esaminare quegli aspetti psico-affettivi che hanno portato Beethoven a comporre 32 Sonate per pianoforte. Si intuisce facilmente che non potrò in poche pagine approfondire l’analisi della struttura formale di ogni singola sonata, ma questo obiettivo me lo riservo per un altro momento, nel quale probabilmente inserirò anche una guida all’ascolto. Ciò detto, è bene considerare le 32 Sonate per pianoforte come un tutt’uno, come un unicum e non già come singole sonate indipendenti. È vero, ogni Sonata gode di autonomia ed autosufficienza, ma l’opera va considerata nella sua interezza, nella sua integralità. Devo anche dire che la critica musicologica suddivida la vita di Beethoven in tre fasi, prendendo come riferimento proprio alcune delle 32 Sonate, le quali fanno da marcatori per ciascuno dei tre periodi. Dunque, è chiaro che, seppur nella loro interezza ed integralità, le 32 Sonate presentino tra di loro difficoltà interpretative differenti. Ciò è dovuto alla maturazione del pensiero compositivo di Beethoven, il quale appunto si è andato sviluppando di pari passo con le sue stesse esperienze di vita. Quindi, la difficoltà tecnico-strumentale è sinonimo di complessità esistenziale, è evocazione di vissuti non facili, è testimonianza di ribellioni ed accettazioni. Tutte le Sonate di Beethoven, come quelle di Haydn e Mozart, sono sonate classiche, sono cioè quelle sonate che sostituiranno l’impalcatura strutturale delle sonate barocche. Cosa differenzia la sonata classica dalla sonata barocca? La sonata barocca si dice tecnicamente che sia una sonata monotematica-bipartita. Ovvero, una sonata che abbia solo un tema, una sola idea musicale, una sola cellula melodica (monotematismo) e che si sviluppi secondo un doppio percorso (bipartitismo): Tonica-Dominante, Dominante-Tonica. Questi ultimi due termini si riferiscono alla nomenclatura convenzionale con cui si indicano i gradi di una scala musicale. La tonica corrisponde al primo grado di una scala; la dominante al quinto. Dunque, nella sonata barocca è come se ci fosse un’andata ed un ritorno. Ma propriamente di cosa? Del tema, dell’idea musicale, di quella cellula melodica. È dunque, quella della sonata barocca, una struttura tendenzialmente poco complessa, poco articolata. Esempi di sonate barocche sono le sonate di D. Scarlatti, di D. Cimarosa, di B. Galuppi. La sonata classica, ovvero quella sonata che si impone nel gusto musicale successivamente a quella barocca, presenta invece una strutturazione assai più elaborata. Difatti, riguardo alla sonata classica ci si esprime in termini di bitematismo-tripartizione. Adesso, le deduzioni potranno risultare più immediate. La sonata classica, cioè le sonate soprattutto di Haydn, Mozart e Beethoven, consta di due temi (bitematismo) e di tre sezioni (tripartitismo). I temi, che sono appunto due, sono tra di loro completamente differenti e nella forma e in quello che intendono trasmettere. Il primo dei due è detto “tema maschile”, per via del suo carattere perentorio, incisivo, assertivo. Il secondo invece è definito “tema femminile”, a causa del suo carattere grazioso, elegante, delicato. Questa suddivisione che la musica, intesa come scienza, applica ai temi della sonata classica, se rapportata a contesti extramusicali, sostanzia l’andamento non univo dell’animo umano, il quale per certi versi assomiglia al movimento di un pendolo. Difatti, nella propria esistenza l’uomo tende ad esperire diversi sentimenti, diversi umori, diversi stati d’animo, diverse emozioni. Per cui, l’essere umano vive metaforicamente alcuni momenti secondo quel carattere “maschile” ed altri secondo quel carattere “femminile”.

Ciò significa che in ciascuno di noi sia presente una doppia modalità approcciale alle cose, al mondo: l’impeto e la riflessione, la forza e la delicatezza, l’estroversione e l’introversione. Questo aspetto era stato già assai chiaro ai greci, i quali ritenevano che tutta l’arte fosse scissa in due realtà: quella dionisiaca, ossia quella relativa all’impulsività, e quella apollinea, cioè quella relativa alla razionalità. Facendo dunque un parallelismo, il primo tema, cioè quello maschile, per via del suo impeto rappresenta la dimensione dionisiaca, mentre il secondo tema, cioè quello femminile, per via della sua compostezza rappresenta la dimensione apollinea. A questo punto, si intuisce che tra i due temi ci sia una rivalità, una contrarietà dialettica però. Infatti, la bellezza della sonata scaturisce proprio dalla commistione delle due cellule musicali. Per quanto riguarda, invece, la strutturazione formale abbiamo detto che si tratti di una tripartizione (o, tripartitismo). Tripartizione significa che non potremo più trovare quella semplice andata (tonica-dominante) e quel semplice ritorno (dominante-tonica) che avevano invece strutturato la sonata barocca. Nella sonata classica, infatti, l’impalcatura strutturale si articola in tre momenti (tripartitismo): esposizione, sviluppo, ripresa. Ma, esposizione, sviluppo e ripresa di cosa? Dei due temi, ovviamente. Nell’esposizione, come suggerisce il termine stesso, vi è la prima presentazione delle due unità melodiche; nello sviluppo i due temi vengono elaborati ritmicamente ed armonicamente; nella ripresa si assiste ad un gusto nostalgico della ripresentazione dei temi, i quali si intrecciano e si sintetizzano. Anche nel caso della tripartizione, è possibile trasferire questo espediente puramente tecnico-formale a contesti extramusicali, a contesti d’uso reali. Per cui, il tripartitismo formale della sonata classica è allegoria delle fasi della vita dell’uomo, il quale nasce (esposizione), matura (sviluppo) ed infine ricorda nostalgicamente la propria giovinezza (ripresa). Beethoven, così, attraverso quel bipartitismo e quella tripartizione, rende in musica la natura umana, per la quale l’uomo è chiamato ad esistere (esposizione), a formarsi coscienziosamente (sviluppo) e ad essere capace di accettare la propria fine (ripresa conclusiva). Concludo volendo sottolineare il carattere geniale del compositore tedesco. Beethoven, pur vivendo infatti una condizione stigmatizzante causata dalla sua totale sordità, è riuscito a trasformare il proprio handicap in un suo punto di forza, traendone così motivazione e vitalità. Beethoven, insomma, seppur sordo, è riuscito ad ascoltare le esigenze dell’uomo.

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